Montale considerava La bufera e altro il suo libro «più alto»; uscito nel 1956, diversi anni dopo la conclusione della seconda guerra mondiale, di quella barbarie, di quella bufera, è il diario sofferto e allucinato.
Satura, la raccolta pubblicata nel 1971 dopo un lungo silenzio, è la cronaca di una guerra diversa, non convenzionale e forse più perfida e distruttiva per l'individuo: a dichiararla è una società che si avvia a diventare moderna potenza economica. L'antico «male di vivere» si chiama adesso alienazione, fastidio, noia.
Di questi due libri rimarranno indelebili nella memoria dei lettori i ritratti di due donne e dei loro occhi. Quelli di Clizia nella Bufera, che come «luce di lampo» trafiggono e interrompono a tratti l'orribile buio della guerra, alla ricerca disperata di un segno da trasmettere all'umanità distrutta. E nella prima parte di Satura il buio o quasi buio degli occhi semiciechi della moglie Drusilla, che pur «offuscati» riescono a vedere di più o diversamente, e aiutano il poeta a scendere «milioni di scale», a superare il vuoto che si rinnova a ogni gradino.
Montale considerava La bufera e altro il suo libro «più alto»; uscito nel 1956, diversi anni dopo la conclusione della seconda guerra mondiale, di quella barbarie, di quella bufera, è il diario sofferto e allucinato.
Satura, la raccolta pubblicata nel 1971 dopo un lungo silenzio, è la cronaca di una guerra diversa, non convenzionale e forse più perfida e distruttiva per l'individuo: a dichiararla è una società che si avvia a diventare moderna potenza economica. L'antico «male di vivere» si chiama adesso alienazione, fastidio, noia.
Di questi due libri rimarranno indelebili nella memoria dei lettori i ritratti di due donne e dei loro occhi. Quelli di Clizia nella Bufera, che come «luce di lampo» trafiggono e interrompono a tratti l'orribile buio della guerra, alla ricerca disperata di un segno da trasmettere all'umanità distrutta. E nella prima parte di Satura il buio o quasi buio degli occhi semiciechi della moglie Drusilla, che pur «offuscati» riescono a vedere di più o diversamente, e aiutano il poeta a scendere «milioni di scale», a superare il vuoto che si rinnova a ogni gradino.